Gazzetta - Malusci: “Pin sempre sincero e allegro. Mi rimprovero di non aver colto la sua fatica di vivere”
Le dichiarazioni dell’ex difensore sul compagno trovato morto in casa il 22 luglio
L’ex difensore della Fiorentina, Alberto Malusci ha parlato a La Gazzetta dello Sport per ricordare l’ex compagno Celeste Pin: “Celeste mi voleva bene, è stato il mio capitano alla Fiorentina mi ha insegnato tanto. Ci eravamo visti a giugno in un camp per bambini della scuola calcio, qua a Firenze, avevamo riso e scherzato per tutta la settimana.
Abbiamo parlato di un progetto da fare insieme, è difficile darsi una ragione di quello che è successo, mai e poi mai avrei immaginato...Soffro anche solo a figurarmelo, un gesto così. La verità è che nessuno di noi può dire con assoluta certezza di conoscere un amico tino in fondo, nessuno può capire le ombre con cui gli altri convivono: da quando Celeste se ne è andato ho provato a ricostruire ogni momento vissuto con lui, ma non sono riuscito a cogliere nulla, non un segnale, niente.
É questa la cosa che mi rimprovero: non aver colto la fatica di vivere che Celeste porta dentro”. FARMACI PER LA DEPRESSIONE. “No, non lo sapevo. L'ho letto e mi sono stupito. Se è vero che il comportamento di una persona è specchio della sua anima, allora lo ricordo solo un Celeste gioviale, allegro, di buonumore”.
ARRABBIATO. “Una sola volta, all'intervallo della finale di andata della Coppa Uefa, a Torino, contro la Juventus. Era furioso, incazzato come mai era successo. Ce l'aveva con l'arbitro, con Casiraghi con cui aveva duellato in campo, si lamentava che l'arbitro non ci tutelava.
Sì, quella fu la partita in cui davanti ai cronisti se ne uscì dicendo: "La Juve è una squadra di ladri". Non era da lui, ecco. Celeste è sempre stato posato, esemplare nel comportamento, mai fuori dalle righe”. RICORDI. “Ho due momenti ben chiari nella testa.
Il primo è quando ho smesso di giocare. Mi chiamò e mi disse che nella mia carriera avevo raccolto meno di quello che meritavo, era sincero, come lo è sempre stato. È il regalo di Celeste che custodisco nel cuore. E poi mi ricordo una trasferta di qualche anno fa, con la squadra delle vecchie glorie della Fiorentina.
Eravamo ad Avellino, al memorial Adriano Lombardi. Dopo la partita e la cena siamo saliti in camera, dormivamo nella stessa stanza. Ci veniva da ridere, come quando eravamo calciatori. Abbiamo chiacchierato un po' e non era ancora mezzanotte quando, mentre stavamo parlando, ci siamo addormentati come sassi.
La mattina dopo, al risveglio, ne abbiamo riso insieme: eravamo due vecchi ragazzi che si divertivano ancora”.
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